Caterina è al suo primo incarico importante: ingegnere responsabile dei lavori per la costruzione dell'argine di Spina, piccolo insediamento dell'alta pianura padana. Giovane, in un ambiente di soli uomini, si confronta con difficoltà di ogni sorta: ostacoli tecnici, proteste degli ambientalisti, responsabilità per la sicurezza degli operai. Giorno dopo giorno, tutto diventa cantiere: la sua vita sentimentale, il rapporto con la Sicilia terra d'origine, il suo ruolo all'interno dell'ufficio. A volte si sente svanire nella nebbia, come se anche il tempo diventasse scivoloso e non si potesse opporre nulla alla forza del fiume in piena. Alla ricerca di un posto dove stare, la prima ad avere bisogno di un argine è lei stessa. È tentata di abbandonare, dorme poco e male. Ma, piano piano, l'anonima umanità che la circonda - geometri, assessori, gruisti, vedove di operai - acquista un volto. Così l'argine viene realizzato, in un movimento continuo di stagioni e paesaggi, fino al giorno del collaudo, quando Caterina, dopo una notte in cui fa i conti con tutti i suoi fantasmi, si congeda da quel mondo. Con una lingua modellata sull'esperienza, Veronica Galletta ha scritto un apologo sulla vulnerabilità che si inserisce in un'ampia tradizione di letteratura sul lavoro, declinandola in maniera personale.
Motivazione della giuria:
Nina sull’argine di Veronica Galletta si inserisce nella grande tradizione dei romanzi sul lavoro (del resto, la stessa autrice cita Memoriale di Volponi fra i suoi punti di riferimento). Sceglie come protagonista una giovane donna, Caterina, un’ingegnera al suo primo incarico per la costruzione dell’argine di Spina, nell’alta pianura padana. Non sarà facile: intanto, Caterina viene da un mondo di studio e di regole, e si trova in un mondo altro, dove le regole non vengono seguite, o diventano trascurabili. Caterina, dice l’autrice, “non riconosce il mondo intorno a sé, ma soprattutto, ne rifiuta l’imperfezione. In questo tipo di sentimento ho trasposto un po’ del mio. La prima volta che mi è capitato, per lavoro, di assistere alla costruzione di un’opera che avevo progettato, ricordo il sentimento bruciante di delusione per la sua difformità dalla precisione pulita del mio disegno”. Anche a questo si deve quel senso profondo di alienazione che tante volte, nel secolo scorso, è stato esplorato e narrato, e che da ultimo sembrava essersi affievolito nella letteratura contemporanea. Un romanzo di grande delicatezza e insieme potenza, di respiro sociale e di grande introspezione psicologica.
Loredana Lipperini