Quella bicicletta non era una bicicletta qualunque. Era una Umberto Dei, modello Imperiale, anni Trenta, un vero classico dell’eleganza a due ruote. Nera, ovviamente.
Gli occhi di Nas, il ragazzo uzbeko capitato un pomeriggio nella ciclofficina lungo la Martesana, a Milano, non se la sono lasciata sfuggire nella penombra del retrobottega.
Comincia da qui la strana amicizia tra Arnaldo Scura, meccanico ciclista, molte vite alle spalle, non tutte felici, e il ragazzo con la pelle scura che, chissà come, pare conoscere alla perfezione le biciclette: telai, mozzi, forcelle, catene, corone, pignoni...
Nella Milano dei Navigli, ancora popolare e già multietnica, una storia sulle differenze e sulle diffidenze da cui nascono le paure.
“Umberto Dei”, nome enigmatico per una bicicletta, che Michele Marziani gioca su diversi quadranti: quello ambientale, in prevalenza nella Milano dei navigli, il coniugale, dell’officina e della tecnologia debole, anzi minimale di forcelle, manubri, pedali; non dimenticando peraltro l’attualità dell’immigrazione terzomondista, che vi compare fin dall’inizio con il marocchino Nas venuto a vedere se può mettersi a posto la bicicletta dicendo della Bianchi usata dal padre tra le dune sub-sahariane.
Dietro alla “Umberto Dei” parla il conduttore del racconto, l’impiegato amministrativo Arnaldo Scura, proveniente dalle pianure ferraresi. Lo Scura, con qualche frequentazione universitaria, dispone di un buon retrobottega di conoscenze e di ricordi, come dicono le magre battute della telefonata all’amica, avvocato Alberta Albani, al cui “chi sei” declina: “Arnaldo Scura, meccanico di biciclette”. L’ avvocatessa è sorpresa; ma si diranno molte cose bevendo il caffè al Bar Magenta. E lì Arnaldo si diverte dissertando serioso di biciclette, tanto che alla fine Alberta gli fornirà appropriate istruzioni in materia legale e fiscale.
Tuttavia gli interessi di Scura sono molteplici. La “Umberto Dei” è un amore, sbocciato d’improvviso da una catasta di biciclette nel deposito laboratorio. Ma Scura si occupa anche di politica, ovvio come cittadino urticato dalla droga diffusa, privo ormai di appropriate parole, come proletariato, lotta di classe, poiché ormai tutto si perde in un qualunquista linguaggio liquido.
Ma alla fine, l’impiegato amministrativo Arnaldo Scura ha la solida certezza della bicicletta sostanza e forma del suo paesaggio interiore, che gli fa giustificare il mondo. Una retorica? Ma sì, una filosofia, che ragiona con i denti della moltiplica, se i muscoli umani la fanno agire.
Marco Neiretti
Michele Marziani è nato nel 1962 a Rimini dove attualmente risiede. Ha vissuto a lungo sul lago d’Orta e a Milano. Scrittore capace di spaziare tra vari mondi e vari generi ha pubblicato ventuno libri di viaggi, vini e cibi, una raccolta di racconti e cinque romanzi tra i quali Nel nome di Marco, uscito nel 2013 nella collana Battiti di Ediciclo Editore.