Dall'autore del Breve trattato sulla decrescita serena, ecco un saggio di interrogazione radicale sul terreno di una delle «invenzioni» cruciali della modernità. Come si è formato il nostro «immaginario economico», la nostra visione economica del mondo? Perché oggi vediamo il mondo attraverso i prismi dell'utilità, del lavoro, della concorrenza, della crescita illimitata? Che cosa ha portato l'Occidente a inventare il valore produttività, il valore denaro, il valore competizione, e a costruire un mondo in cui nulla ha più valore, e tutto ha un prezzo? Serge Latouche ritorna qui alle origini di questa economia che i primi economisti definivano la «scienza sinistra», e articolando la sua argomentazione in prospettiva storico-filosofica, mostra come si è plasmata la nostra ossessione utilitarista e quantitativa, e ci permette così non solo di gettare uno sguardo nuovo sul nostro mondo, ma soprattutto di affrontarne la sfida sul piano di valori davvero fondamentali come libertà, giustizia, equità.
La crisi economico-finanziaria che si è manifestata sul finire del 2008 ha sollevato una serie rilevante di problemi, tra i quali emerge quello relativo all'assenza pressoché totale di segnali della sua imminente manifestazione da parte degli studiosi di economia. Persino la regina Elisabetta d'Inghilterra ha manifestato il suo disappunto sulla mancanza di comunicazione di segnali d'allarme relativi alla crisi da parte del mondo degli economisti accademici.
Serge Latouche sostiene nel suo volume che la ragione profonda di tale assenza degli economisti sta nell'autonomizzazione che l'economia ha acquisito dal sapere umano, a partire dalla pubblicazione della Ricchezza delle nazioni da parte di Adamo Smith il quale emancipava l'economia dalla morale, creando in quel modo un settore delle azioni umane, separato e autonomo, dove l'etica e le forme di socializzazione tradizionali risultavano inutili o nocive e che, nel suo ambito, gli uomini - perseguendo i loro interessi egoistici - lavoravano inconsapevolmente per il bene comune. L'autonomizzazione dell'economia realizzata da Smith aveva delle premesse storiche che l'Autore descrive dettagliatamente nei vari capitoli del suo libro, partendo da Aristotele per giungere a La Rochefoucauld, a De Mandeville, ai fisiocratici.
La conclusione a cui perviene è che l'ipertrofia della sfera economica, rispetto alle altre sfere della vita umana, ci ha portati alla onnimercificazione del mondo, nel senso che l'economia non solo si è emancipata dalla politica e dalla morale, ma le ha letteralmente fagocitate. Ma la perdita di referenze, cioè di contatti con il mondo reale, svuota di significato ogni sua indicazione.
L'Autore crede che stia nascendo nuovamente il tempo dei profeti che disegnino un mondo nuovo, fondato su basi radicalmente diverse che permettano "la costruzione di una società conviviale plurale, liberata dalla religione della crescita e dell'economia".
Claudio Bermond
Serge Latouche, professore emerito di scienze economiche all'Università di Paris-Sud, è specialista dei rapporti economici e culturali Nord-Sud e dell'epistemologia delle scienze sociali. Per le nostre edizioni ha pubblicato L'occidentalizzazione del mondo (1992). Il pianeta dei naufraghi (1992), La Megamacchina(1995), L'altra Africa (1997 e 2000), La sfida di Minerva (2000), Giustizia senza limiti (2003), il ritorno dell'etnocentrismo (2003), Come sopravvivere allo sviluppo (2005), Breve trattato sulla decrescita serena (2008) e, con Enzo Barnabà, Sortilegi.. Racconti africani (2008)