Un uomo, Gerolamo Gaslini, imprenditore, perde una figlia di soli undici anni, Giannina, a causa di una malattia che la medicina non riesce a curare, durante la prima guerra mondiale. Ne rimane sconvolto. Da allora la sua vita è segnata dalla volontà di edificare a proprie spese un grande, moderno centro polivalente per la cura, l'assistenza e la ricerca a favore dell'infanzia, l'Istituto Giannina Gaslini, inaugurato a Genova nel 1938 e conosciuto in tutto il mondo. In un breve arco di tempo, Gaslini costruisce un vasto gruppo di imprese alimentari, chimiche, agricole, immobiliari e bancarie, inserendosi tra i pochi grandi imprenditori italiani dagli anni trenta ai sessanta del Novecento, dal fascismo alla Repubblica. Vicino a Mussolini, a De Gasperi e al Vaticano, amico del cardinale Siri, Gaslini compie un altro decisivo passo nel 1949, quando costituisce la Fondazione che ne porta il nome, un ente di diritto pubblico cui dona in vita l'ingente suo intero patrimonio. Una fondazione holding, questa, un modello originale per struttura e scopi, che usa il profitto d'impresa al fine di sostenere e potenziare l'attività non profit dell'Istituto Giannina Gaslini. Di Gerolamo Gaslini, uomo schivo e solitario, ben poco si conosceva prima di questa lunga e rigorosa ricerca su documenti inediti di archivi pubblici e privati e su dati d'impresa originali elaborati da Roberto Tolaini. Ne è emersa, imprevista, una personalità di assoluto rilievo, sia per la molteplice e spregiudicata attività di imprenditore, sia per l'impegno totale di filantropo innovatore. E il caso di Gerolamo Gaslini - il "Rockefeller d'Italia", come veniva definito - richiama con forza a questioni e domande, più che mai attuali, attorno ai delicati rapporti tra etica e affari, politica e impresa, fede e laicità, Chiesa Cattolica e Stato italiano.
Che cosa spinge un anziano industriale, un uomo che ha conosciuto un grande successo economico, a donare, lui ancora vivente, tutti i propri averi per realizzare una fondazione dedita alle attività non-profit? È la domanda che si pone lo storico Paride Rugafiori, scavando nella biografia di un singolarissimo rappresentante dell'establishment economico tra le due guerre, Gerolamo Gaslini. Gaslini fu davvero un prototipo del self-made man all'italiana: lombardo di origini modeste al pari degli studi, aveva fatto fortuna a Genova negli anni a cavallo della prima guerra mondiale, conquistando il primato nella produzione di olio di semi. Di lì aveva esteso le sue attività dall'alimentare alla chimica, dall'edilizia alla banca, sempre abile nel guadagnarsi il favore dei potenti, specie durante il fascismo. La sua filosofia economica si compendiava in un'operosità instancabile, senza limiti come la sua leggendaria parsimonia, su cui doveva fiorire una ricca aneddotica. Ma Gaslini aveva un cruccio privato: aveva perso una figlia, Giannina, quando era ancora bambina. Di qui la decisione di creare a Genova un ospedale per l'infanzia nel 1938. Negli anni del «miracolo economico», ormai ottuagenario, benché ancora alla testa del suo declinante impero, Gaslini decise di destinare l'intero patrimonio a una fondazione per sostenere finanziariamente l'ospedale. Dopo di lui, la curia genovese prenderà sotto di sé la fondazione. Quella di Gaslini, con le sue contraddizioni tra bramosia di accumulazione e obiettivi etici, è davvero una bella storia italiana.
Giuseppe Berta
Paride Rugafiori è professore ordinario presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Torino, dove insegna Storia contemporanea e Storia dell'impresa. Tra le sue pubblicazioni, Ferdinando Maria Perrone da casa Savoia all'Ansaldo (Utet, 1992), Imprenditori e manager. Industria e Stato in Italia (Unicopli, 1995), Imprenditori e manager nella storia d'Italia (Laterza, 1999), e, con Ferdinando Fasce, Dal petrolio all'energia. ERG 1938-2008. Storia e cultura d'impresa (Laterza, 2008).