È la notte del 14 febbraio del 1983. Dovrebbe essere una sera di festa, ma Albino Buticchi è da solo nella sua grande villa di Lerici. Attorno a lui tutto è silenzio, ma dentro la sua mente i pensieri si affollano, e finiscono per correre tutti verso una sola direzione: la pistola che stringe in mano. L’arma che presto si punterà alla tempia. Ma cosa ha spinto un uomo abituato al successo a compiere quel gesto estremo? La vita di Albino Buticchi è stata tutta all’insegna delle passioni. Quella per la velocità e per le auto da corsa, innanzitutto, che lo porta a diventare un pilota di fama, al volante di alcune tra le più titolate vetture da competizione della sua epoca. Quella per il calcio, che lo fa diventare, poco più che quarantenne, presidente del Milan. E quella, dalle conseguenze tragiche, per il gioco d’azzardo: una passione divorante che lo costringe ad accumulare perdite via via sempre più ingenti. Una vita straordinaria la sua, costellata di avventure – dalle esperienze difficili durante la seconda guerra mondiale alla legione straniera fino alla vertiginosa ascesa economica e sociale durante gli anni del boom. Un’esistenza sempre al limite tra l’ambizione e l’eccesso e piena di accadimenti che, visti oggi, hanno quasi il sapore di un favoloso romanzo d’avventura. Eppure, sono state persone uniche come Albino Buticchi a fare l’Italia quando dell’Italia restavano solo macerie. Perché questa è una semplice e grandissima storia italiana. Ma soprattutto, è la vita di un padre raccontata attraverso gli occhi del figlio.
È sempre molto difficile per uno scrittore narrare la storia della vita del proprio padre, anche se ricca di momenti leggendari. In questo libro, Marco Buticchi è riuscito nell’impresa, scrivendo un romanzo di facile e piacevole lettura, ricco di informazioni e di svolgimenti biografici di notevole interesse, anche se non sufficientemente severo nell’esprimere un giudizio morale complessivo sulla figura del genitore.
Albino Buticchi, padre dell’Autore, nacque nel 1926 a Ca’ di Mare, un paesino che si affaccia sul golfo della Spezia, da un’umile famiglia composta da sei figli. Il papà era un aggiusta carrozze, di ideali politici e morali socialisti, e la mamma una lattaia. Giovanissimo, andò a lavorare in un cantiere navale ove arroventava i chiodi che andavano a legare le lamiere degli scafi. Catturato dai tedeschi durante l’occupazione successiva all’8 settembre, fu portato nel carcere milanese di San Vittore, dal quale riuscì a fuggire raggiungendo poi un fratello partigiano che combatteva nell’Ossola.
Dopo una breve parentesi di servizio nella Legione straniera in Algeria, ritornò alla Spezia ove rilevò un distributore di benzina, con annesso deposito di prodotti petroliferi. Per questa via, iniziò quell’attività di commerciante di petroli che lo avrebbe occupato per tutta la vita. Giocando sulla forte domanda di petrolio che vi era nel dopoguerra e sulla difficoltà ad approvvigionarlo, riuscì a realizzare degli elevati profitti. Negli anni Cinquanta, la British Petroleum, una delle famose “sette sorelle”, gli conferì l’incarico di intermediario per le vendite nell’Italia settentrionale e centrale e, da quel momento, iniziò ad accumulare un’ingente fortuna. Appassionato d’auto, partecipò più volte alla Mille Miglia, correndo su Alfa Romeo e su Ferrari, sfiorando la conquista del titolo italiano nel settore Gran turismo. Un’altra sua grande passione era rappresentata dal calcio. Messe da parte le corse automobilistiche, si lanciò in questo nuovo sport riuscendo, nel 1972, a diventare proprietario e presidente del Milan, succedendo alla famiglia Carraro. La sua gestione della società produsse risultati di medio livello, in quanto la quadra meneghina non riuscì a vincere lo scudetto per alcuni anni, anche se conquistò alcune coppe. A causa di contrasti sia con il capitano Gianni Rivera, sia con i tifosi, nel 1975 fu costretto a cedere la società. Successivamente, entrò in contatto con Orfeo Pianelli, industriale piemontese e presidente del Torino, che lo invischiò nei suoi problemi finanziari e che lo spinse a frequentare i casinò.
Dal quel momento, la sua vita cambiò e bruciò nel gioco il grande patrimonio che aveva accumulato, tentando per ben due volte il suicidio. Scomparve nel 2003 alla Spezia. In una pagina del romanzo biografico, il figlio Marco ha ben delineato il profilo psicologico di Albino: “Il rischio, illogico quanto ammaliante, era parte integrante della sua vita. Osare sempre, sino al punto di rottura della corda, era una sua prerogativa. Lui amava mettere in gioco tutto ad ogni posta, altrimenti non provava soddisfazione nel cimento. Gli uomini con queste caratteristiche non conoscono le mezze misure: risiedono sulle vette dei regnanti o nei tuguri dei poveracci”.
Claudio Bermond
Marco Buticchi è nato alla Spezia e ha viaggiato moltissimo per lavoro, nutrendo così anche la sua curiosità, il suo gusto per l’avventura e la sua attenzione per la storia e il particolare fascino dei tanti luoghi che ha visitato. È il primo autore italiano pubblicato da Longanesi nella collana «I maestri dell’avventura» (accanto a Wilbur Smith, Clive Cussler e Patrick O’Brian), in cui sono apparsi con grande successo di pubblico e di critica Le Pietre della Luna (1997), Menorah (1998), Profezia (2000), La nave d’oro (2003), L’anello dei re (2005), Il vento dei demoni (2007), Il respiro del deserto (2009), La voce del destino (2011), La stella di pietra (2013) e Il segno dell’aquila (2015), disponibili anche in edizione TEA. Nel dicembre 2008 Marco Buticchi è stato nominato Commendatore dal Presidente della Repubblica per aver contribuito alla diffusione della lingua e della letteratura italiana anche all’estero.