«L’Autore riprende e sviluppa nel volume un argomento che aveva già in parte affrontato con la pubblicazione del libro: Olivetti, prima e dopo Adriano (Napoli 2005). In questa nuova opera focalizza l’attenzione su tre periodi successivi, che hanno fatto seguito alla dipartita dell’imprenditore eporediese, avvenuta nel 1960. Il primo, introduttivo, è caratterizzato dal salva- taggio dell’azienda di Ivrea che, priva ormai del suo leader carismatico, si viene a trovare in gravi condizioni finanziarie. Un Gruppo di intervento pilotato da Mediobanca e composto dalle principali imprese italiane (Fiat, Pirelli, Iri, La Centrale) la ricapitalizza e pone al vertice Bruno Visentini, che focalizzerà la produzione sull’elettromeccanica e sulla piccola elettronica, cedendo l’elettronica dei mainframes alla General Electric. Una seconda fase della vita aziendale è costituita dalla presidenza di Carlo De Benedetti che, appena uscito dalla Fiat, si rese disponibile per entrare nell’azionariato dell’azienda canavesana, ad assumerne la guida e a rinnovarla radicalmente. Portando una visione più ampia dell’economia internazionale, coinvolgerà nella ricapitalizzazione dell’impresa alcune banche tedesche e ame- ricane, mentre svilupperà una partnership tecnologica con la statunitense AT&T. Favorirà, inoltre, il passaggio dalla elettromeccanica e dai prodotti per ufficio all’informatica diffusa, puntando al lancio della ET 101, la prima macchina per scrivere elettronica, e poi sui perso- nal computers M20 e M24. L’Olivetti raggiunge- rà l’apice della parabola debenedettiana tra il 1985 e il 1986, andando a collocarsi al decimo posto della classifica mondiale delle aziende informatiche. E qui si entra nel terzo periodo della storia aziendale. Gli anni che vanno dal 1990 al 1995 segnano una profonda crisi dell’informatica tradizionale e vedono la caduta dei grandi gruppi americani Digital e IBM e europei Bull e Olivetti. Il comparto è sottoposto a una dura concorrenza nel settore delle componenti, sempre più standardizzate e provenienti dai pa- esi emergenti, e del software, sempre più mo- nopolizzato da pochi produttori americani. Per far fronte alla morsa che riduce drasticamen- te i margini di profitto, il management di Ivrea studia nuove soluzioni organizzative, anche se viene maturando la netta convinzione che il comparto sia pervenuto alla sua fase di matu- rità. Ed è per questo motivo che l’azienda epo- rediese costituisce nel giugno 1990 la start-up Omnitel, nel settore emergente della telefonia mobile, e nel 1995 avvia anche una compagnia per la telefonia fissa, Infostrada. L’Autore ha il merito di aver sollevato nel suo volume una serie di problemi inerenti la vita dell’Olivetti negli ultimi quarant’anni del Novecento. Tra i principali, le ragioni in base alle quali Cuccia e il Gruppo di intervento decisero di cede- re nel 1965 alla General Electric la divisione dei grandi calcolatori e i complessi motivi per cui la Olivetti debenedettiana non riuscì più a rimanere profittevolmente nel mercato dell’informatica diffusa nei primi anni No- vanta. Ma, essendo l’azienda canavesana uno dei pochi casi di impresa italiana posizionata sulla frontiera tecnologica, il caso Olivetti è diventato rappresentativo della situazione in cui si è venuta a trovare in quegli anni l’intera industria nazionale».
Claudio Bermond
Classe 1973, giornalista e storico dell’industria, è inviato del Sole 24 Ore, specialista in economia e politica industriale. Ha una laurea in Scienze Politiche conseguita all'Università di Torino e un dottorato di ricerca in Economia ottenuto all'Università di Firenze. Oltre all’attività giornalistica, svolge attività di ricerca nel campo business history. Ha pubblicato Olivetti, prima e dopo Adriano. Industria, cultura, estetica (L’Ancora del Mediterraneo, II ed. 2009), L'Olivetti dell'Ingegnere (Il Mulino, 2014) con il quale ha vinto il premio Biella Letteratura e Industria 2016, e Marchionne lo straniero (Rizzoli, 2018). E' fellow del CAMI (Center For Automotive and Mobility Innovation) dell'Università di Cà Foscari di Venezia.